Dopo il referendum greco del 5 luglio 2015

Sono un europeista convinto, nel senso che in Europa non DEVE esserci altro spazio che per gli Stati Uniti d'Europa.

Non sono un economista, ma la crisi greca, lo stato dei miei concittadini greci, mi preoccupa, anche perche' da questa crisi -- ricordiamolo: generata dalla incoscienza delle banche -- si sta uscendo facendola pagare ai cittadini Europei. Abbiamo vissuto -- e speriamo che stia realmente finendo -- un incubo terribile, su cui si puo' anche scherzare

Letto in giro: "se ho un debito di 10000 euro il problema e' il mio, se ho debito di 300 milardi, il problema e' del mio creditore".
La cosa pazzesca e' stata infatti che le banche europee hanno concesso ai governanti greci di indebitarsi in questo modo, e che gli interessi sui 30 miliardi di Euro di fine anni 90 ora sono diventati 300 miliardi di debito, il 90% interessi per le banche creditrici.

Il fatto che 75 anni fa mio padre e' andato in guerra e lo stesso 100 anni fa mio nonno mi fa pensare che sebbene molto imperfetta, la situazione corrente (non di pace, per carita': abbiamo delocalizzato anche le guerre!), e' preferibile a quella di prima.

Non dobbiamo temere di essere isolati: anzi, se crediamo nelle nostre opinioni dobbiamo gridare piu' forte, differentemente da quanto fecero i pacifisti nel 1914. Leggi questa poesia di Trilussa del 1914: "Ninna nanna della guerra".

Lo ha detto anche D'Alema (che a me non sta affatto simpatico): "Si dice: 'Noi paghiamo le pensioni dei greci'. No! Noi paghiamo le banche tedesche, e di questi soldi i greci non sentono neanche l'odore". Eppure la mala informazione ha detto che il problema della grecia sono le pensioni...

Dai una occhiata al blog di Yanis Varoufakis (in inglese), oramai ex-ministro delle finanze greco (si e' dimesso oggi, dopo la vittoria del NO): "il nostro NO e'un mestoso grande SI ad una Europa democratica e razionale".

(tre anni fa) Per carita' teniamoci l'euro!

Non sono un economista (e si capira')

E' tempo di elezioni europee, alcuni (a mio avviso pazzi incoscienti) parlano di uscire dall'euro e tornare alla lira.
Questi politici (e gli imbecilli che gli danno retta) che si affidano al marketing elettorale pensano di drenare i voti di tutti coloro che ricordano il tempo della lira come il tempo della felicita'.
Ho quasi sessant'anni, e posso assicurare chi non c'era che non era un'era felice.
E' stato il tempo nel quale fu seminato il malcostume della corruzione a tutti i livelli (come poi chiari' il processo mani pulite), facendoci convivere con inflazioni del 25% annuo.
Questo significa che che ogni anno che passava - per il solo fatto di passare -- il valore dei tuoi risparmi diminuiva di un quarto, solo per il trascorrere del tempo: un biglietto un po' salato, non pensi?
Si, la banca ti dava un interesse dell'ordine del 15%, c'era la scala mobile che gonfiava gli stipendi, ma che lasciava con dei fogli di carta che valevano ogni mese di meno.
Il tempo della lira era il tempo in cui la nostra industria era la "Cina" d'europa.
Produceva di beni di qualita' accettabile, che funzionavano, ed erano richiesti nel mondo perche' costavano meno dei prodotti americani o tedeschi.
Era il tempo in cui gli industriali telefonavano a Roma e questi assicuravano che la lira anche quel mese si sarebbe svalutata quanto bastava per mantenere i loro prezzi concorrenziali.
Prova a dare una occhiata a quest'articolo di Massimo Gramellini Una lira da scordare pubblicato su La Stampa il 27 giugno 2012 (due anni fa).

Un padrone vale l'altro

Il guasto stava (ed ampiamente sta ancora) nel manico. Anche a costo di sembrare un vetero-comunista, finquando si cerca di fare soldi con i soldi (hai presente l'ultima crisi?), o di arricchirsi sulle spalle di un numero sempre minore di lavoratori (un costo), le cose non potranno andare bene.
Si, e' vero, l'Italia e' la seconda economia manifatturiera d'Europa, molto di quanto esportato dall'europa (ma soprattutto di quanto consumato all'interno del mercato comune europeo, che e' il mercato piu' grande e ricco del mondo) e' fatto in Germania o da noi.
E ci raccontano la storia della eccellenza italiana, che sappiamo tutti essere in gran parte prodotta nei paesi dove il lavoro costa meno o qui in Italia da esseri umani ridotti in schiavitu', importati clandestinamente nel bel paese per lavorare 20 ore al giorno (e magari andare a fuoco ogni tanto).
Una volta da noi si facevano le scarpe che costavano un dollaro meno di quelle prodotte in altri paesi, perche' Carmelo costava meno, Giovanni lavorava a cottimo (piu' produceva, piu' guadagnava, ma non e' meritocrazia), con prodotti tossici (vietati in altri paesi, come le colle con solventi che facevano venire la polinevrite), o infine (perche' nascondercelo?) perche' le industrie potevano inquinare senza controllo.
In fondo i mafiosi hanno riversato nella terra dei fuochi gran parte dei veleni che in altre regioni d'italia o d'europa non era piu' possibile smaltire a basso costo...
Racconto spesso una storiella: in germania negli anni '70 si facevano scarponi da sci a 70 marchi al paio. Da noi li si riusciva a produrre a 35000 lire, che riuscivano ad assicurare al parun un guadagno per quantita'.
Passano gli anni, i tedeschi hanno introdotto nuovi materiali hi-tech, le macchine oggi fanno gran parte del lavoro e quegli stessi scarponi ora vengono venduti a 70 euro.
Cosa puo' fare il sciur parun? All'inizio degli anni '90, invece di comprare robot va a produrre gli scarponi prima in Romania o Albania, poi in India, Vietnam o Cina.
Ora gli scarponi da sci di quei prestigiosi marchi italiani vengono venduti a 75 euro, anche se le spese di trasporto divorano gran parte del risparmio.
Ma non basta. Anche nei paesi manifatturieri a basso costo la gente si comincia ad incazzare. Col rischio che la produzione possa soffrirne.
Senza le frontiere e senza i dazi doganali gli scarponi tedeschi vengono venduti anche da noi a 75 euro...
Cose da pazzi!

Una moneta non vale l'altra

No una moneta non vale l'altra, come picchiare un povero cristo con la pelle piu' scura (extracomunitario? non e' detto: forse e' italiano come lui) non risolve il problema di un emarginato che ha bevuto tre bicchieri di troppo. ...e se gli fa male c'e' il rischio che i problemi del coglione emarginato aumentino (e ben gli sta!).

Ma siamo pazzi?: ti rendi conto cosa vorrebbe dire? Sono assolutamente contrario all'uscita dell'Italia dall'euro. Condivido completamente quanto scritto da Massimo Gramellini: penso che sarebbe solo un modo di farci ri-pagare (per l'ennesima volta) la crisi dalla quale le banche - che l'hanno causata - non hanno la minima idea di come uscire.
Noi cittadini europei abbiamo ben poche responsabilita', principalmente la condivisione ignara di alcuni benefici.

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